Assistenza legale avvocato penalista - Violazione divulgazione di segreti aziendali a Roma Milano Napoli Torino Palermo Genova Bologna Firenze Bari Catania Venezia Verona Messina Padova Trieste Taranto Brescia Parma Prato Modena Reggio Calabria Reggio Emilia Perugia Livorno Ravenna Cagliari Foggia Rimini Salerno Ferrara Sassari Latina Giugliano in Campania Monza Siracusa Pescara Bergamo Forlì Trento Vicenza Terni Bolzano Novara Piacenza Ancona Andria Arezzo Udine Cesena Barletta
Chiunque venga a conoscenza del suo stato o ufficio, della sua professione o dell'arte, di notizie destinate a rimanere segrete, a scoperte o invenzioni scientifiche o applicazioni industriali, le rivela o le sfrutta a proprio profitto, è punito con reclusione fino a due anni.
Con sentenza n. 18169 dello scorso 10 agosto, la Sezione di lavoro della Corte di cassazione, ha stabilito la legittimità del licenziamento di un lavoratore da una nota azienda italiana, per la divulgazione a terzi di segreti sulla produzione di imballaggi alimentari; licenziamento legittimo anche se il fatto non è previsto nel codice disciplinare aziendale.
Il caso riguardava un lavoratore che aveva divulgato informazioni sulle caratteristiche tecniche dei contenitori per alimenti (prodotti dalla società per la quale lavorava) a terzi, promuovendo così la creazione di una nuova attività in concorrenza con quella del datore di lavoro. Secondo la Suprema Corte con questo comportamento il lavoratore ha violato l'obbligo di lealtà previsto dall'art. 2105 del c.c. e Art. 70 CCNL, che include la "concorrenza sleale" tra i casi di licenziamento. L'art. 2105 c.c. prevede che: "Il prestatore non deve occuparsi degli affari, né per conto proprio né di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare informazioni sull'organizzazione e sui metodi di produzione dell'impresa ....
L'obbligo di lealtà deve essere collegato ai principi generali di correttezza e buona fede e quindi l'obbligo per il lavoratore non solo di rispettare le disposizioni dell'articolo 2105, ma anche di astenersi da qualsiasi altra condotta che la sua natura o le conseguenze che ne possono derivare, deve contrastare i doveri connessi con l'inserimento nella struttura organizzativa di un'impresa o, irrimediabilmente, quel rapporto di fiducia tipico della relazione tra datore di lavoro e lavoratore.
Infine, i giudici supremi consideravano legittimo il licenziamento, anche se tale comportamento non era stato esplicitamente dichiarato nel codice disciplinare della società. In realtà, la Corte lo afferma; "Il comportamento di un lavoratore che costituisce gravi violazioni delle sue funzioni fondamentali può essere penalizzato dal licenziamento, indipendentemente dal fatto che siano inclusi nelle sanzioni previste dallo specifico accordo contrattuale e anche in assenza della pubblicazione del codice disciplinare".
A condizione che siano rispettati i diritti del lavoratore previsti dall'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/70) o l'eccezione preventiva del tributo e la difesa del lavoratore, il diritto del lavoratore all'assistenza di un rappresentante sindacale a cui lui o lei è d'accordo o dà un mandato.
Informazioni segreti aziendali, qual è il reato?
Prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 10 febbraio 2005, n. 30, meglio noto come Codice della Proprietà Industriale, le informazioni segrete erano oggetto della protezione di cui all'art. 6 bis del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127 (Legge delle invenzioni) che si qualifica come concorrenza sleale per la divulgazione a terzi, l'acquisizione o l'uso, contrariamente all'integrità professionale, delle informazioni commerciali e aziendali di un concorrente.
Attualmente l'art. 99 del Codice della proprietà industriale (c.p.i) prevede per questo tipo di informazioni una protezione più ampia che non include solo quella prevista dall'art. 2598 c.c in materia di concorrenza sleale, ma si estende a quella riconosciuta dai diritti di proprietà industriale tradizionali (marchi, brevetti, ecc.).
La differenza fondamentale è che, mentre per il secondo il presupposto per il drive è costituito dallo specifico titolo di protezione, per il primo la condizione sine qua non è dovuta al ricorrere dei requisiti previsti dall'art. 98 c.p.i.
Il requisito della segretezza presta particolare attenzione perché riguarda le informazioni considerate nel loro insieme o in una configurazione specifica e una combinazione dei loro elementi costitutivi.
Il valore economico può essere incluso nelle informazioni (ad esempio prezzo di mercato) o derivare dalla loro conoscenza e / o applicazione (ad esempio vantaggio competitivo), a condizione che sia direttamente attribuibile alla loro natura.
Come proteggerci?
L'importanza di una strategia di sicurezza è ulteriormente sottolineata dal paragrafo 1, lett. c) arte. 98 c.p.i che, senza identificare individualmente le singole misure, costituisce tuttavia un onere di adozione da parte di soggetti il cui controllo legittimo è soggetto alle informazioni.
Le misure da adottare devono, naturalmente, essere indirizzate sia internamente che esternamente (clienti, fornitori, terze parti in generale), ma l'invito a esprimere il "criterio di appropriatezza ragionevole" fatto dallo standard sopra menzionato, consente di valutare e valutare la scelta degli strumenti in base alle condizioni di detenzione e al modo di utilizzare le informazioni, a chi può accedervi, ma anche a progressi tecnologici spesso sottovalutati.
Tuttavia, l'apertura del legislatore è tale da implicare l'inclusione nel mix di misure legali (clausole, contratti, accordi di non divulgazione, ecc.) Insieme a quelli di natura organizzativa (procedure, politiche aziendali, separazione delle funzioni, formazione, ecc.) e tecnologici (strumenti di protezione fisica e logica delle informazioni e dei sistemi elettronici).
Inoltre, in relazione a quest'ultimo, non possiamo dimenticare il ruolo prevalente o concomitante che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione svolgono nella gestione quotidiana di una vasta gamma di informazioni aziendali, comprese quelle di natura riservata.